Il tema della separazione e del divorzio è molto esteso e molto complesso. In queste poche righe vorrei riflettere sulle conseguenze che separazione e divorzio possono avere cercando di rimanere su un continuum che proceda tra ferita ed evoluzione.

Certamente qualsiasi evento di separazione è un evento tragico che necessariamente provoca una ferita, ma allo stesso tempo è un evento che conduce alla crescita e allo sviluppo di una novità. Prendiamo ad esempio l’evento del parto quale separazione di base: quanto dolore, ma quanta vita!

A livello culturale e antropologico il separarsi non è un tema nuovo per l’essere umano!

Quello che stiamo vivendo è il periodo cosiddetto della post-modernità. Periodo nel quale le sicurezze e le ancore del passato non esistono più, i nuovi stili di vita non sono in grado di sostenere le persone. Questo permette al contesto di essere fluttuante, alle persone di scivolare da un luogo all’altro, da una relazione all’altra senza realmente entrare e assaporare un contatto pieno, senza realmente vivere con consapevolezza le storie e le individualità. Siamo di fronte ad un essere della società che possiamo vedere come liquida dove «vengono forniti solo finimenti con chiusura lampo, e il loro punto forte è la facilità con cui possono essere attaccati la mattina e staccati la sera (o viceversa)» (Bauman, 2011, 197).

L’elemento della “liquidità” si innesca su quelli che sono due bisogni fondamentali dell’uomo: il bisogno di autorealizzarsi e quello di appartenere. Autorealizzarsi come spinta ad essere sé stessi, individui maturi e capaci di affrontare il mondo con la propria identità. Appartenere quale bisogno fondamentale delle relazioni, bisogno dell’altro a cui legarsi e a cui rimanere legato. Queste due spinte non possono che trovarsi ad estremi opposti, in quanto la dominanza dell’una sull’altra porta a situazioni inumane: folla anonima da un lato o individualità persa e frammentata dall’altro.

Nell’altalenarsi tra autorealizzazione e appartenenza le persone si trovano a concentrarsi e sviluppare maggiormente a volte l’autorealizzazione e altre volte l’appartenenza. Questo permette il formarsi di due modelli relazionali che sono base del modo di vivere della società.

Quando appare un pericolo imminente che mina la sopravvivenza di un gruppo, spontaneamente le persone si spostano verso l’appartenenza arrivando a mettere in secondo piano la soggettività. Questo è il Modello Relazionale di Base Noi, dove diventa prioritario il valore del gruppo e le persone sono pronte a sacrificarsi per esso. La società è percepita come più forte rispetto all’individuo e le norme non vengono mai messe in discussione.

Sull’altro versante, nel momento in cui si può vivere la libertà la società tende a sviluppare maggiormente le proprie individualità ecco il Modello Relazione di Base Io. Dall’appartenenza a tutti i costi ci si ritrova a far valere le proprie libertà individuali, il proprio modo di pensare e agire che va a discapito del gruppo. Viene dato valore prioritario alla soggettività. Diventa più difficile camminare insieme e anche là dove si decide di appartenere la spinta alla soggettività è irrinunciabile.

La nostra società post-moderna è una società dove il MRB/Io emerge in modo preponderante. Questo ha fatto si, che anche la famiglia e la sua istituzione fondante, il matrimonio, subisse dei notevoli cambiamenti.

Spesso il soggetto famiglia era visto come componete della società civile senza però approfondirne le diverse prospettive dei legami che potevano esistere tra individuo, la famiglia, la società civile e lo stato democratico. La politica del XIX e XX secolo le relega nella sfera privata piuttosto che in quella pubblica. Un primo tentativo di affermare una differenza tra società civile e famiglia lo fa Karl Marx (1963) che però immediatamente si perde nel fatto di incorporare la famiglia e la società civile tra le molte espressioni dei rapporti economici (Ginsborg, 2010, 15-18).

Anche il contesto italiano si è ormai modificato ed è oggi intessuto di forme familiari che si differenziano per composizione, per il genere dei componenti della coppia, per l’appartenenza etnica oltre al «numero crescente di famiglie con figli non biologici, o di famiglie alla ricerca di nuove forme di convivenza e nuovi stili di vita» (Fruggeri, 2005, 29).

L’essere nella dimensione del MRB/Io ha fatto strada alla cultura della differenza che si basa essenzialmente su presupposti quali la diversità e la molteplicità. Essa «riconosce cioè che le specificità familiari possono essere molteplici anziché assumere a esclusivo riferimento un unico modello di famiglia» (Fruggeri, 2005, 33).

Ci troviamo, così, di fronte ad una nuova visione del matrimonio basato sull’amore e non più sul compromesso o sulla necessità. La coppia coniugale entra sempre più e sempre prima in crisi, diventa difficile coniugare le spinte individuali con quelle dell’appartenenza. Oggi «è il vincolo genitoriale ad essere indissolubile e decisivo nel tempo per la crescita dei figli e la formazione della società» (Salonia, 2017, 18). Così come il tema delle differenze di genere oggi non crea più contrapposizione, ma è alla ricerca di nuove e a volte inesplorate declinazioni: «Il maschile e il femminile in quanto modi di pensare e sentire la vita, hanno uguale legittimità» (Salonia, 2017, 19). Questo ha permesso il superamento di una percezione sociale che vedeva la donna come madre ed esperta della casa e l’uomo come padre esperto della società, ma carente dal punto di vista affettivo.

Un’ultima “novità” sviluppatasi in questo preciso periodo è una visione differente dell’essere figlio che è nuovamente riposizionato non più all’interno della coppia madre-bambino ma come parte di una triade madre-padre-bambino.

A cura del dr. Marco Volante, psicologo e psicoterapeuta della gestalt