Una sera di quest’estate passeggiavo, dopo cena, in riva al mare. Passeggiavo così come si fa quando si sta insieme alla persona amata e ci si racconta quanto è bello poter camminare insieme. Ci si racconta, si progetta, alle volte si discute anche delle differenze. Ma si sta bene insieme.
Durante il tragitto mi ha colpito una panchina. Non era una panchina vuota, nemmeno una panchina isolata o distrutta. Era una panchina occupata. Mi ha colpito molto il fatto che le persone che vi sedevano erano tutte impegnate. Stavano tutte e quattro con gli occhi rivolti verso lo smartphone che tenevano in mano. Impegnati probabilmente in letture, approfondimenti, scoperte di attività che amici avevano svolto o stavano svolgendo. Interessati, magari, a chattare con qualche amica o amico da qualche parte nel mondo. Non so quali fossero le relazioni che esistevano tra loro se fossero amici, fratelli o sorelle, madri o padri o semplicemente perfetti sconosciuti.
Questa scena mi ha permesso di riflettere, non tanto nel mettere in evidenza un comportamento giusto o uno sbagliato, ma sul fatto che ognuno di loro era impegnato in un’attività relazionale e non lo stava facendo con chi aveva accanto, ma stava cercando relazioni al di la della vicinanza quotidiana nella quale era immerso.
Il fenomeno dei social network è un fenomeno molto complesso, che non può essere certo risolto dividendo tra un comportamento giusto e sbagliato. Esso, infatti, non è solo elemento negativo, ma è anche lo spazio di vita nell’oggi delle persone.
Il mondo che noi tutti oggi abitiamo ha assunto altre dimensioni di vita, di spazio e di tempo. E se prima il luogo fisico era essenziale alla vita e allo sviluppo umano oggi è venuto in secondo piano perché al suo posto ha preso vita, in modo preponderante, la vita nel mondo digitale.
Mi interessa qui, riflettere su che ti di spazio offrono i social network alla relazione dell’uomo di oggi.
Internet e i social network non sono solo una modalità di entrare in relazione e di vivere le relazioni, ma anche lo spazio e il luogo in cui fare esperienza di se stesso e degli altri, in altre parole il “dove” si possono vivere le relazioni.
Ora, il luogo è dato da un insieme di elementi coesistenti e in un certo ordine, mentre lo spazio viene inteso come animazione di questi luoghi. Nel caso di internet ci troviamo di fronte a quello che alcuni autori hanno definito come “il luogo praticato”. Infatti, Merleau-Ponty nella sua Fenomenologia della percezione parla di “spazio antropologico” distinto da quello geometrico e inteso come luogo di una esperienza relazionale tra l’ambiente e l’individuo.
Oltre a essere spazio di una relazione, di una parola detta, i social network hanno anche la capacità di fare entrare in contatto il mondo digitale con quello offline. La narrazione delle storie delle persone trasforma il luogo in spazio di incontri e di relazioni in una ambiente ibrido che vede coesistere l’esperienza offline con l’esperienza online. Proprio in questa, che possiamo chiamare con Riva “interrealtà”[1], si possono sviluppare e realizzare relazioni intime come nella “casa”, ma allo stesso tempo questo diventa lo spazio in cui la casa si apre alla polis per fare entrare l’estraneo «la casa – dice Salonia – non è solo lo spazio di chi la abita, bensì anche luogo in cui si introducono gli estranei»[2].
Quelle quattro persone sulla panchina stavano certamente vivendo la loro esperienza online, ma allo stesso tempo hanno portato con loro l’esperienza dell’essere seduti vicino ad altri e, in quell’esperienza, l’esperienza vissuta e interiorizzata con coloro che avevano vicino.
Questa piccola riflessione è solo un piccolo passaggio che può aiutarci a comprendere come digitale e analogico (riferito all’esperienza di vita) siano facce della stessa realtà. Noi, uomini e donne di oggi, viviamo sempre più immersi in questa realtà e la viviamo ormai come parte di noi, come elemento facente parte della vita.
In questo senso trovo abbastanza inutile dibattere su ciò che è giusto e sbagliato, se fa bene o male. A mio avviso il punto è cercare di individuare quale è la modalità possibile per vivere questa realtà, per poterlo insegnare ai nostri figli e per poterne utilizzare in tutte le sue potenzialità.
In questo senso, respirare la bellezza dello stare insieme è anche poter vedere la storia di Instagram del tuo compagno o della tua compagna e scoprirne la profondità del pensiero o la leggerezza della risata che ti strappa.
[1] Riva intende qui lo spazio sociale ibrido dato dall’ingresso del mondo digitale nel nostro mondo offline Cfr. G. Riva (2016), I social network, il Mulino Edizione Digitale, Bologna, 481.
[2] G. Salonia (2011), Casa abitata e casa dormitorio, casa reale e casa virtuale, in «Parola Spirito e vita», 64, 224.