Fino a qualche tempo fa, gli ambiti di competenza tra i genitori erano nettamente divisi e molto chiari e questo permetteva di non creare conflitti interni al nucleo famigliare. L’uomo/padre si curava della polis (città) metre la donna/madre si prendeva cura dell’oikos (casa). Si viveva una cogenitorialità di tipo verticale dove si presupponeva una predominanza del marito/padre sulla moglie/madre e in cui lo stile educativo era l’autoritarismo e l’imposizione di regole indiscutibili. Oggi ci siamo spostati sul versante orizzontale nel quale padre e madre si percepiscono e vengono percepititi come reciprocamente determinanti nella crescita dei figli. Ne è prova il fatto che, oggi, si afferma con sicurezza che se la coppia finisce, la genitorialità rimarrà per sempre. Emerge la grande novità dei nostri tempi: il padre non è più relegato ai confini del rapporto madre/figlio, ma ha un suo ruolo ben preciso e paritario nell’educazione: non solo normativa, ma soprattutto educativo.

Questo modo di vedere la coppia diventa una sfida importante per una cogenitorialità orizzontale dove i due genitori sono paritetici e percepiscono i propri compiti come equipollenti.

Cosa si intende quando parliamo di cogenitorialità? La cogenitorialità è la funzione individuale della madre o del padre con il bambino intesa come sostegno reciproco e all’interazione tra i due genitori, al loro coinvolgimento e all’interazione con il bambino. Questo rapporto esercita un grande influenza sull sviluppo infantile allo stesso modo che la relazione individuale di ogni genitore con il proprio figlio (cfr. Ammaniti, Gallese, 2014).

In quella che abbiamo chiamato la società Noi (quella in cui vive e si muove Freud per capirci) identifichiamo alcuni fattori che determinano il modello di una cogenitorialità verticistica:

  • Struttura della società forte, apicale, costruita sull’appartenenza
  • Il bambino nasce con un istinto primario, fatto incestuoso nei confronti della madre e distruttivo nei confronti del padre (mito di Edipo come letto da Freud)
  • La relazione madre-bambino senza l’intervento del padre diventa patologica;
  • L’istanza regolativa è esterna: appartiene al padre e in seconda istanza al Super Io.

Proprio attraverso il ragionamento culturale che abbiamo fatto in precedenza dobbiamo pensare che la struttura apicale della famiglia non è un fatto naturale, ma squisitamente culturale.

Infatti, nel modello a cui faccio riferimento, che è il modello della Gestalt Therapy, l’istanza regolativa non è il padre, ma è la relazione. Gli istinti sono regolati dalla legge della relazione. Lo sfondo è la società senza un apice predefinito, in cui la democrazia determina lo stile della polis ma anche della famiglia, in cui i problemi personali acquistano un valore sociale.

Ricordate il mito di Edipo? Se noi lo rileggiamo con la chiave ermeneutica della relazione scopriamo che Edipo uccide il padre Laio, non per il piacere di avere la madre, ma per il potere dato dal regno. È la lotta per il potere padre/figlio e non per il piacere padre/madre/figlio. Per Sofocle è la hybris che genera la morte. In questa visione il figlio non è l’artefice della lotta genitoriale, ma ne è la vittima. Spesso il conflitto tra padre e madre trova nel figlio il capro espiatorio. È nella relazione tra padre e madre che si trova la regolazione delle emozioni e di conseguenza prende spazio quello che sant’Agostino chiamava l’Ordo amoris, vale a dire l’ordine degli affetti.

In questa prospettiva non possiamo fermarci ad osservare solo i comportamenti, ma è necessario andare a cogliere i vissuti relazionali che ognuna delle parti sta vivendo. Quindi non tanto il “cosa fa”, ma il “cosa stanno vivendo”. Se noi non guardiamo a questo perdiamo di vista quella che chiamiamo l’intenzionalità relazionale. Il comportamento sembra dire una cosa, mentre la relazione ne dice un’altra.

Quando è che in una situazione conflittuale, come a volte può essere quella della separazione e del divorzio, una cogenitorialità può funzionare? Certo non eliminando il conflitto che in se è elemento di crescita e di sviluppo, è punto di rottura e quindi di avanzamento. Dobbiamo guardare e sostenere il modo in cui la conflittualità viene vissuta e gestita. Tre sono gli elementi necessari a fare in modo che il conflitto sia fertile:

  • RISPETTO: l’altro genitore ha anch’esso una intenzionalità positiva nei confronti del figlio, anche se diversa si tratta di una prospettiva a favore del figlio;
  • INTERESSE: guardare alla prospettiva dell’altro genitore con la curiosità quasi scientifica di comprendere fino in fondo le ragioni educative diverse dalla propria. Non una soluzione razionale (compromesso), ma relazionale che offrirà una visuale più completa.
  • GRATITUDINE: rispetto ed interesse generano gratitudine che è atteggiamento fondamentale per una sana cogenitorialità.

Gli effetti di una separazione emergono da tutto ciò che abbiamo detto prima:

  • Perdita dell’appartenenza: genitori e figli si devono ricostruire una nuova esperienza del famigliare, diversa dalla precedente, ma che inevitabilmente dovrà tenere in considerazione il passato. Il contesto famigliare si è frantumato e non si hanno più appoggi per poter proseguire il cammino.
  • Necessità Apprendere o riapprendere ad essere cogenitori: un conto è vivere quest’esperienza da coniugati o comunque conviventi, altra cosa è viverla al di fuori del contesto famigliare che si è frantumato. Rimane una relazione che è quella genitoriale che è imprescindibile.

a cura del Dott. Marco Volante psicologo e psicoterapeuta della Gestalt