La ripresa dopo il lock down ha messo a dura prova anche tutto il settore commerciale, in particolare quello della ristorazione e alberghiero. Da un lato le norme per la sicurezza e l’igiene che hanno reso complesse le riaperture, dall’altro l’assenza di turisti, soprattutto stranieri, che hanno svuotato le città e i luoghi italiani di villeggiatura. Le imprese di ristorazione e alberghiere hanno dovuto necessariamente usufruire della possibilità, fornita dal governo, di poter accedere alla cassa integrazione dilatando in questo modo i tempi per il rientro al lavoro di molti operatori.
A questo panorama complesso e fragile dobbiamo aggiungere l’eventualità che nel momento in cui verrà tolto il divieto di licenziamento, molte attività, per fare fronte ai mancati introiti e alla diminuzione del lavoro, opteranno per l’adozione dell’opzione del licenziamento. È giusto quindi, anche pensare che, nei prossimi mesi, molti posti di lavoro potrebbero essere a rischio. Ad aggravare questi pensieri e riflessioni si aggiunge anche il fatto che la pandemia non è ancora cessata e il virus, che ancora circola, potrebbe riprendere forza e riportare tutti ad un nuovo stop, facendo ricadere la filiera produttiva italiana in una posizione sicuramente critica.
Paura di perdere il lavoro nella ristorazione
Come abbiamo accennato tra le attività produttive che maggiormente hanno subito danni dalla quarantena e che continuano a subirne, in questa fase di ripresa, sono le attività legate al mondo della ristorazione o comunque del settore alberghiero/ricettivo. Alle difficoltà accennate in precedenza questo settore, vede sommarsi anche l’aumento considerevole dello smart working. Il lavoro svolto da casa toglie alla ristorazione molti clienti che invece di usare la pausa pranzo nei diversi locali nei pressi del posto di lavoro, mangiano comodamente a casa.
Mi è sembrato importante tracciare questo quadro generale che le persone che lavorano nell’ambito della ristorazione si trovano a vivere in questo preciso memento storico. Un quadro altamente incerto e comprensibilmente indefinito.
Cosa possono vivere le persone che si trovano in questa forte situazione di incertezza?
Questo quadro di incertezza porta le persone coinvolte a vivere le difficoltà a definire e/o progettare il futuro sia in termini di identità lavorativa che in termini di identità famigliare.
Il prolungarsi della permanenza a casa ha messo e mette a dura prova la propria identità lavorativa. Le persone sono a casa da molto tempo. Da mesi non frequentano i loro ambienti di lavoro perdendo aderenza con la parte sociale che il lavoro offre: il trovare una propria collocazione all’interno della società. La mancanza prolungata di questa frequentazione e l’incertezza circa il proprio collocamento futuro rischia di rendere fragile e frammentata la propria identità lavorativa e sociale. Questo vissuto potrebbe essere amplificato se la persona in questione ha superato i cinquant’anni con la conseguente minore possibilità di essere accettato all’interno del ciclo lavorativo.
D’altro canto, questa situazione di incertezza, può spingere le persone a sentirsi incapaci di sostenere, nell’immediato come sul lungo periodo, il proprio nucleo famigliare con il rischio che il progetto di identità famigliare vada in pezzi. Le persone, infatti, trovano il loro senso di pienezza anche nella possibilità di sentirsi utili ai propri cari, fornendo loro il necessario per la sopravvivenza e la crescita. Una madre o un padre di famiglia vivono in modo frustrante il non poter sostenere i figli e non riuscire a dare dignità alla vita famigliare.
In entrambe le situazioni potrebbe prendere il sopravvento il senso di inutilità e di incapacità portando così la persona a perdere l’energia necessaria per affrontare la situazione critica.
Come affrontare questa situazione?
Quando il momento di incertezza è così forte è importante ancorarsi a ciò che nel qui e adesso si ha e si può vivere.
Certamente è utile partire dalla consapevolezza di ciò che si è realizzato fino ad ora e guardare a ciò che si potrebbe realizzare. Guardare a ciò che si è, a quello che si è costruito. Poter verificare ciò che le nostre mani hanno realizzato, che il nostro ingegno ha sviluppato rendono la nostra identità solida e forte.
Ancorati al ciò che si è si può, quindi, guardare al ciò che si sente di voler diventare. I nostri bisogni sono fornitori sensazionali di energia e se ben individuati ci spingono a guardare al futuro.
Solo il riconoscere chi sono io ora e chi sono diventato permetterà di trovare il coraggio, l’audacia necessaria per affrontare il futuro.
Indispensabile, quindi, è puntare la bussola verso la direzione che porterà a realizzare nuove possibilità per se stessi e per la propria famiglia.
Non è un percorso semplice. Forse qualcuno potrà riuscire a farlo da solo essendo già attrezzato di risorse necessarie. Altri, invece, più fragili per varie ragioni, avranno bisogno di essere accompagnati e supportati nel ritrovare il senso del proprio sé e la direzione che vogliono percorrere.
Le condizioni esterne sono, sicuramente importanti, ma non sono le uniche a determinare la nostra realizzazione.
Il nostro centro di ascolto per l’emergenza Covid-19 rimane a disposizione di chiunque senta la necessità di lavorare su se stesso per affrontare il proprio futuro.