L’obesità e il sovrappeso rappresentano uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale, sia perché la sua prevalenza è in costante e rapidissimo aumento, non solo nei Paesi occidentali, ma anche in quelli a basso-medio reddito, sia perché è un importante fattore di rischio per varie malattie croniche, quali diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari e tumori. I decessi attribuibili all’obesità sono almeno 2,8 milioni/anno nel mondo!
Il peso corporeo può essere definito come il delicato compromesso energetico che la persona è riuscita ad attuare tra l’ambiente circostante e la propria psicobiologia individuale, che comprende i fattori genetici, biologici, psicologici e culturali. Quando l’introito di energia ed il consumo energetico sono uguali, il peso corporeo rimane stabile, qualunque sia il peso mantenuto.
Se l’atto di mangiare fosse regolato solo dalla fame e dalla sazietà questo comportamento sarebbe mantenuto esclusivamente da un rinforzo operante di tipo negativo, vale a dire ‘mangio per far cessare una sofferenza.
L’altra “bussola” importante per il comportamento alimentare è rappresentata dai circuiti cerebrali della gratificazione, che vengono attivati quanto mangiamo, soprattutto particolari cibi ricchi di nutrienti energetici quali zuccheri e grassi.
Si può quindi facilmente comprendere come il consumo può essere fortemente influenzato anche delle emozioni e delle strategie di gestione e controllo di esse che l’individuo ha sperimentato ed appreso.
Nell’ambito della popolazione obesa o in sovrappeso, non sorprende quindi, che il disturbo alimentare più frequente sia il Binge Eating Disorder (BED) la cui presenza cresce proporzionalmente con l’indice di massa corporea. Il BED secondo il DSM-V è caratterizzato da ricorrenti e persistenti episodi di abbuffate con sensazione di perdere il controllo durante l’episodio e un marcato disagio riguardo l’argomento. La perdita di controllo e la disinibizione sperimentate durante gli episodi di binging potrebbero riflettere, una disabilità dell’individuo nella capacità di regolare i propri impulsi e ciò potrebbe essere dovuto a diversi fattori. Si è constatato che gli episodi di binging siano strettamente correlati con strategie disfunzionali di gestione dello stress psicologico ed emotivo.
Negli ultimi anni la produzione scientifica che si occupa di interventi terapeutici, di stampo cognitivo comportamentale basati sulla mindfulness, è in notevole aumento, in particolar modo nell’affrontare il tema dell’obesità, il sovrappeso e tutti quei comportamenti correlati all’aumento di peso (binge eating, emotional eating, external eating e inattività fisica).
Ad oggi esistono almeno una decina di protocolli Mindfulness-Based che affrontano varie aree problematiche dell’esistenza umana, tra cui uno rivolto ai disturbi alimentari (principalmente il binge eating) chiamato Mindfuless-Based-EAT (MB-EAT) (Kristeller, Hallet, 1999).
Il Mindful eating è una forma di attenzione consapevole applicata al momento del pasto e alla relazione con il cibo. E’ un invito ad esplorare con atteggiamento non giudicante la nostra relazione con il cibo per imparare a mangiare (e ad agire) in modo più consapevole, liberandoci dagli automatismi.
Le pratiche di mindful eating in generale si pongono l’obiettivo di coltivare la piena attenzione e la presenza mentale a tavola, ovvero, ci abituano a stare nel “qui ed ora” senza lasciare che la mente si distragga e ci conduca altrove. In tal modo dovremmo riuscire ad assaporare davvero il cibo, accorgendoci, magari, che una quantità ridotta, se gustata con consapevolezza, ci regala maggiori soddisfazioni di un piatto (troppo) pieno mangiato velocemente e in modo distratto.
Nel complesso gli studi finora condotti hanno mostrato che l’utilizzo di alcune pratiche di mindfulness sembrano fornire ai partecipanti, oltre che migliori abilità di mindfulness, anche migliori abilità di comprendere e gestire alcuni comportamenti correlati al sovrappeso e l’obesità, come il mangiare emotivo (EE), l’external eating e il binging.
È curioso però che, nonostante tutto, esse non inducano maggiori perdite di peso rispetto ad altri programmi di intervento. Come è possibile spiegarlo? Il sovrappeso e l’obesità sono stati fisici non salutari cronici, dovuti ad una moltitudine di abitudini malsane. Queste abitudini generalmente hanno un’eziologia complessa e multifattoriale. L’insorgenza della problematica spesso è lontana nel tempo e l’evoluzione è relativamente lenta. Anche i fattori di mantenimento, visto il lungo arco temporale, possono essere molteplici, ben cristallizzati o variare nel tempo. Perché l’intervento sia efficace, quindi, questo dovrebbe andare ad influire su molti aspetti delle caratteristiche psicologiche e di stile di vita dell’individuo.
È ragionevole che abilità di mindfulness, che promuovono l’auto-osservazione, la comprensione e la normalizzazione dei propri stati interni e forniscono strategie di fronteggiamento alternative, possano essere utili nel caso di persone con obesità o sovrappeso. È anche ragionevole però che queste non siano sufficienti per risolvere un problema così complesso.
Secondo l’OMS ed il ministero della salute (www.salute.gov.it) l’obesità è una “condizione ampiamente prevenibile”. Forse, allora, l’addestramento alla mindfulness potrebbe avere più efficacia in un’ottica di prevenzione più che di cura?